Si osserva sempre più spesso un affaticamento emotivo dei professionisti che per lavoro interagiscono con altre persone. Intervenire in tempo è fondamentale per gestire lo stress.
Che cos’è il burnout?
La sindrome del burnout viene definita un processo stressogeno che colpisce principalmente le professioni d’aiuto (ad es., infermieri, medici, insegnanti) ma che può riguardare tutti coloro che devono interagire nel loro lavoro con altre persone. Il termine burnout significa “bruciato, scoppiato, esaurito” e identifica una condizione nella quale la persona perde il vigore e la motivazione che la guidava nel perseguire la propria vita professionale. Il burnout è l’esito di un processo che può durare mesi, in cui la persona si trova incapace di gestire il carico emotivo dato dal peso delle relazioni e lo stress individuale diventa eccessivo. Il fenomeno inizialmente colpisce la dimensione interiore dell’essere, per poi esplodere all’esterno e manifestarsi in differenti modi.
Quali sono le principali dimensioni del burnout?
Vari studi sono stati condotti per identificare la struttura del burnout ed è emerso che sono tre le dimensioni che lo costituiscono:
- Esaurimento emotivo: si riferisce alla sensazione di essere continuamente in tensione e di non possedere più risorse emotive e personali, sentendosi incapaci di affrontare il proprio lavoro. Spesso il soggetto colpito da esaurimento emotivo esprime il proprio disagio con affermazioni del tipo: “Non ce la posso fare”, “Sento che mi mancano le forze per affrontare qualsiasi cosa”.
- Depersonalizzazione: questa dimensione indica la tendenza del soggetto ad evitare il coinvolgimento emotivo manifestando un atteggiamento distaccato e rifiutante verso l’utente. Rappresenta un meccanismo di difesa, volto a proteggere il sé dalla frustrazione e dal senso di colpa.
- Ridotta realizzazione personale: il soggetto si percepisce come inadeguato ed incompetente sul lavoro, perdendo progressivamente la fiducia nelle proprie capacità. Diminuisce sia la motivazione verso il lavoro, sia la propria autostima, aumentando il rischio di sviluppare una sintomatologia depressiva.
Quali sono i fattori di rischio per sviluppare il burnout?
Sebbene la possibilità di sviluppare una sindrome da burnout dipenda strettamente da alcuni fattori personologici, gli studi hanno evidenziato alcuni fattori scatenanti che, se tenuti sotto controllo, possono diminuire il rischio.
I fattori di rischio più rilevanti sono:
- Esposizione duratura e continuativa ad ambienti lavorativi altamente competitivi e problematici: diverbi e rappresaglie sul luogo di lavoro sono elementi che possono portare ad un estraniamento e assenteismo dal lavoro stesso.
- Condizione cronica di stress ed insoddisfazione lavorativa: Il riconoscimento del proprio ruolo rappresenta una dei più potenti motivatori al lavoro. Se questo riconoscimento viene a mancare da colleghi e principali può portare ad un forte senso di demotivazione.
- Turnazione lavorativa: il fatto di essere soggetti a cambi del proprio turno di lavoro porta ad aumentare i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress).
- Esposizione a tipologie di utenze particolarmente difficili: in alcuni lavori ci si deve spesso confrontare con la sconfitta (ad es., nel caso di medici e infermieri) e questo può portare a sviluppare sentimenti di inefficacia.
- Fattori familiari specifici: sebbene si parli di contesto lavorativo, alcuni avvenimenti quali crisi coniugale, difficoltà economiche, ambiente familiare disfunzionale possono avere una ricaduta negativa sul lavoro, in quanto la persona è emotivamente instabile.
- Basse opportunità di svago e cattiva gestione del tempo libero: gli studi di psicologia positiva hanno evidenziato come prendersi del tempo per svolgere attività divertenti e gratificanti sia un ottimo fattore protettivo allo stress.
- Mole di lavoro eccessiva: una grande quantità di lavoro può portare a sviluppare una maggiore tensione, svolgendo i compiti in modo sommario.
- Incertezza nei ruoli ricoperti: la mancanza di regolamentazione organizzativa o il mancato rispetto delle regole, porta il lavoratore a perdere interesse e motivazione nel proprio lavoro. A risentire poi le conseguenze di ciò sarebbe l’efficienza dell’intero gruppo di lavoro.
- Mobbing: definito come il mettere in atto comportamenti persecutori, di violenza verbale o fisica, da parte di chi ha in qualche modo “il potere”, verso chi è più debole e non è in grado di difendersi.
Va ricordato che i fattori di rischio, se presenti, non necessariamente sfociano in episodi di burnout in quanto vanno sempre messi in relazione alle peculiarità psicologiche e comportamentali della persona specifica. Tra i fattori protettivi quello che risulta essere maggiormente significativo è la capacità di agire con consapevolezza, cioè essere in grado di riconoscere e gestire in maniera consapevole le proprie ed altrui emozioni. Inoltre, un contesto sociale accogliente, così come una buona relazione familiare, il supporto di colleghi ed una buona autostima percepita rappresentano elemnti protettivi in grado di prevenire lo stress e la sua manifestazione psicosomatica.
Come si può curare il burnout?
La psicoterapia cognitivo-comportamentale risulta essere efficace per il trattamento della sindrome del burnout. Al fine di ottenere i migliori risultati è necessario integrare interventi rivolti alla persona ed interventi rivolti al contesto.
Gli interventi rivolti alla persona si pongono come obiettivo quello di rafforzare le risorse interne del soggetto, aiutandolo a migliorare le sue capacità di gestione dello stress e affrontando in modo sistematico i problemi sul lavoro. A tale scopo si possono utilizzare sia tecniche di rilassamento come il Training Autogeno e la mindfullness, sia strategie che permettano all’individuo di fronteggiare in modo più efficace i problemi, imparando a gestire le proprie emozioni negative.
Un altro aspetto fondamentale riguarda l’attenzione rivolta al rapporto con gli altri: la persona può essere aiutata ad acquisire strategie comunicative efficaci attraverso training di assertività, ed essere inserita in specifici gruppi di sostegno che favoriscano l’ascolto, il confronto tra esperienze diverse e l’apprendimento di nuovi e più funzionali modi di agire.
Gli interventi basati sul contesto lavorativo consistono invece nell’adozione di una serie di misure che permettono di migliorare il clima sociale all’interno del contesto lavorativo in cui la persona lavora, aumentare il senso di appartenenza, di autonomia e di partecipazione agli scopi comuni.